The Second Renaissance
     
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 L'intellettuale e il sesso


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L'intellettuale e il sesso

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pp. 240    15,49 € Acquista
 
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Abstract
L'intellettuale come stile opera sul filo dell'impossibile. Non è veicolo di un messaggio, né apocalittico né messianico. Non è mediatore degli organismi né delle masse. Il suo rigore dipende dalla legge e dall'etica che con esso si enunciano. Non c'è obbligo che per l'intellettuale non travalichi dalle norme e dalle regole negli imperativi e nei paradossi.
Il destino dell'intellettuale si gioca in un percorso di linguaggio, non nel catalogo delle contraddizioni né nella salvaguardia dei valori né nell'economia del male. Non è più affidato all'impegno né a una logica degli spostamenti che lo situino in un progetto di essere altrove.
Oggi la questione è quella del non essere. Il divenire non deve nulla all'essere.
L'intellettuale non è un mestiere ma quel che caratterizza un mestiere come impossibile. Non tiene un discorso in nome di un testo invisibile, secondo quel monismo che è alla base di ciascuna operazione catartica o palingenetica. Si limita, al contrario, alle vicissitudini di una spirale, a un'arte di bordo in cui il due è ininscrivibile in un'unità.
Non c'è lavoro manuale se l'oggetto si sottrae e resta intoccabile. E l'erotismo fa una caricatura della castrazione. Il lavoro è intellettuale in quanto non finalizzabile, in quanto non va senza un aspetto onirico.
Non una facoltà ma una virtù, l'intelligenza connota il non sapere di sapere. Agli antipodi di una competenza che sa di non sapere, l'intelletto risente di quel che si ascolta tra le righe: l'intelletto è il sessuale.
L'intellettualità è la storia di un inadeguamento tra due, delle vicissitudini di quel che resta perplesso tra due paradossi, tra l'equivoco e la menzogna.
L'intellettuale non è rivoluzionario se non nel modello di laicizzazione, se non in quanto raggiunge e perfeziona, come laico, quello che era un tempo il miraggio del chierico e del letterato.
In nome di un senso metastorico stabilisce l'ordine normalizzando il disordine, economizzando il crollo dei vecchi istituti, ponendosi come mediatore e portavoce fra lo stato invisibile e il grido degli individui vòlto però in discorso delle masse.
 
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