The Second Renaissance
     
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 L’accoglienza


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L’accoglienza


  
 
Notazioni
Come avviene che, proprio quando le cose incominciano, c’è chi si accorge dell’incominciamento con un fantasma di esclusione: “Ah, qualcosa incomincia! Allora io sono escluso”.
È saltato un varco. Qualcosa incomincia: ecco l’auctoritas. Il fantasma di autorità viene agevolmente convertito in fantasma di esclusione. Tuttavia, se qualcosa incomincia, dal fantasma di esclusione può stabilirsi un dispositivo, per giungere, poi, alla scommessa intellettuale.
La domanda è la pulsione in atto: e il dispositivo è già instaurato. Il dispositivo della parola. Le cose non hanno bisogno di entrare nella parola, sono nella parola, ma non già date. Il dare mai si converte nel dato.
Le cose sono estreme. Nessuna è ultima. Se le cose sono accolte, ammesse, ma in vista, in funzione dell’ultima, l’estremo delle cose è inteso come l’ultimo e la provocazione è tolta, perché viene già definita come causa finale. E occorre distinguere fra il mezzo delle cose e lo strumento delle cose. Il mezzo è la particolarità della parola. L’idioma. Nessuna mediazione fra il corpo e la scena, fra la simmetria e l’asimmetria. E nessun confine.
Questo indica che la mediazione, come pure l’intermediazione, è circolare. Tutti i mestieri, i funzionariati, le burocrazie e le professioni, che poggiano sul concetto di mediazione, servono la circolarità, che è una presunzione, la presunzione che le cose medie non siano estreme.
5 febbraio 1973. È un atto di autorità convocare una riunione.
Qual è il tratto di penna, la prova di scrittura, il colpo di pennello con cui incomincia qualcosa? Nessuno sa del destino di questa cosa: e il destino non è l’ultima cosa. Nessuna escatologia. Però, è già lì, nell’atto di autorità, il dispositivo di accoglienza. E, poi, ciascuna volta. Ciascun appuntamento riscontra quali sono stati i dispositivi di accoglienza, ma l’appuntamento, intanto, è una provocazione enorme. Senza riferimenti. Né addentellati.
La distribuzione dell’universalismo è avvenuta attraverso quello che è stato chiamato il pluralismo delle visioni del mondo. Ancora oggi, Jürgen Habermas vacilla fra democrazia e genetica. Pendendo dalla parte della democrazia. Stabilendo la perpendicolarità dalla parte della democrazia. L’orizzontalità sarebbe la genetica. Anch’egli si professa fiero di questo pluralismo e indugia nella sua problematica. Egli è l’ultimo a portare la fiaccola della Scuola di Francoforte. E scrive: “La questione di sapere se noi auspichiamo ovunque nel mondo di proscrivere la clonazione dipende dal modo in cui auspichiamo di capirci come membri della specie umana”. Quindi, la formula generale è “l’etica della specie umana”. L’etica viene posta in funzione del contratto sociale, come appannaggio del contratto naturale.
La presa della parola è la scienza della parola. Possiamo disporre, talora, di un testo straordinario. Però, il dato, il già dato di questo testo, il già detto, il detto di questo testo, lo scritto di questo testo o il parlato di questo testo costituiscono il discorso.
Possiamo trovarci dinanzi a un discorso, per esempio paranoico, con il suo sistema, con i suoi obblighi, con le sue prescrizioni, con le sue proibizioni, con le sue scelte. Tutto questo è ciò che determina il destino tragico o comico di chi si è costituito come soggetto di questo discorso: il destino obbligato è tragico o comico.
Con l’anfibologia fra padrone e schiavo. Anfibologia circolare. La logica dell’interrogazione e della risposta è la logica circolare.
L’accoglimento. L’accoglienza. Il coglimento. Il dispositivo scientifico, dispositivo della parola. Dispositivo attinente alla scienza della parola. Dispositivo per cui la logica non va a coprire, a formare il viaggio con l’esperienza. Questa sarebbe la logica del discorso o il discorso come tale. Accoglienza per cui, invece, la logica è la particolarità secondo cui avviene il viaggio o la navigazione. Quando qualcosa incomincia, quando debutta, quali sono i fantasmi e come s’instaurano dispositivi nuovi? I dispositivi nuovi s’instaurano, nonostante i fantasmi.
Se questi dispositivi non s’instaurano, i fantasmi predominano.
Se predominano, si mettono a circolare. Entrano al servizio della normalità. Senza più nessun bisogno dell’intellettualità.
Nessuno è pronto all’accoglienza. Ognuno è abituato alla rappresentazione delle cose, alla mediazione, al compromesso, a erotizzare le cose, in modo che non siano estreme, ma tutte in attesa dell’ultima cosa, tutte in funzione dell’ultima cosa. Ognuno è abituato a questo discorso, che ha esercitato il suo potere nel Mediterraneo, come dire sul pianeta, a partire da Atene. Questo discorso non indica che le cose medie sono estreme, ma pone che le cose siano prese in una vendetta d’origine, in una colpa d’origine e in una pena d’origine. Non vendetta originaria, ma vendetta d’origine. Anche le istituzioni, anche le famiglie, anche le aziende devono sottostare a questo sistema d’origine. Non è originario, ma d’origine! Se la vendetta è d’origine, se la colpa è d’origine e se la pena è d’origine, la vita è obbligata a significare, a circolare, abituata alle erotizzazioni.
Che cosa significa vendetta d’origine? Significa prigione d’origine, per cui tutto è in espiazione, tutto è in attesa di liberazione, tutto è difettoso, in funzione dell’unità, in funzione dell’idealità. In questo modo, nessuna accoglienza. Tutto è già colto, preso, incapsulato fra la necessità ontologica e tutte le sue prerogative, come la possibilità, come la probabilità. Fino all’ultimo. La necessità è ontologica, perché richiede l’ultimo.
L’ontologia è escatologia.
Avevamo esplorato la tolleranza, nell’accezione che questo significante ha come assunzione, quindi rilievo e rigetto, relazione e rimozione, ancora una volta fra la speranza e l’atto di autorità.
E, inoltre, in un’altra accezione: la tolleranza dell’Altro. Nessuna accoglienza può stabilirsi sulla base dei postulati di non contraddizione, del terzo escluso e d’identità. Io ti accolgo purché tu non sia contraddittorio, sia identico e sottostia al postulato del terzo escluso. Che accoglienza è questa? L’educazione, le aziende e le istituzioni sono improntate a questi tre postulati. La vita, però, è contraddittoria, ambigua, equivoca, menzognera, si espone a malintesi, per cui sfugge a questi postulati. Ha le sue ragioni, la sua logica, che esulano da questi postulati. Però, i postulati ci sono. Formano l’abitudine, l’abitudine degli umani. Anche i centri sociali, ideali centri di accoglienza, sono improntati a questi postulati. Aboliscono la provocazione, la causa, il sembiante. Il centro che sia sociale non è più centro. E il sociale che sia attribuito al centro non è dispositivo di accoglienza, non è l’alingua.
La terra di accoglienza è la superficie come apertura e la superficie come tempo. Non può essere promessa. La promessa è assoluta, senza che qualcosa di positivo o di negativo possa essere promesso. Un modo dell’apertura. La terra è terra di accoglienza? Il pianeta è terra di accoglienza? Terra della parola.
E la superficie è la superficie della parola. La superficie come apertura: la superficie come corpo e scena.
Da quanti secoli siamo stati educati a badare alla profondità, a non essere superficiali, a trascurare la superficie, ciò che attiene alla superficie? Che la superficie sia superficie della parola prescinde dal discorso occidentale. Da qui, l’accusa di superficialità dovunque ci sia la parola. Per cui tutti i sistemi di educazione e di funzionamento, anche delle aziende e nella burocrazia, sono improntati a stabilire la profondità, quindi l’immanenza o la trascendenza, e a togliere la parola.
L’accoglienza indica che la parola è originaria. Se la parola è d’origine, non c’è accoglienza. Il discorso dell’accoglienza diventa il discorso della tolleranza, il discorso del pluralismo, il discorso della diversificazione, della diversione e dell’universione.
Il dispositivo di accoglienza non è un dispositivo altruista. Il dispositivo altruista è senza humanitas. È umano, ma senza humanitas.
Il conformismo è senza humanitas. Così la normalizzazione. Così la spazializzazione della parola. La profondità, tanto decantata dal discorso occidentale, sta in questa spazializzazione della parola, a partire da un’idealità pura e dall’utopia come spazialità pura. Pura, da che cosa? Pura dalla superficie. Epurata dalla superficie. Epurata dall’apertura. Quale accoglienza, senza l’apertura originaria? Dall’apertura originaria procede il dispositivo di accoglienza.
Senza l’apertura originaria, la genealogia fonda il dispositivo di affiliazione, di aggregazione, di unificazione.
L’ospitalità è lo specifico dell’impresa. Anzitutto, il dispositivo di accoglienza. Quindi, il dispositivo di ospitalità, che è dell’impresa. Ciascuno di questi dispositivi è nella parola, un dispositivo di parola. Non già per aggirare la parola, non già per evitarla, non già per sostituirla con qualche mediazione, con qualche terzo rappresentato intermediario, magari sostanziale. Il terzo, come padrone assoluto, è la morte.
Leggete il discorso di Napoleone Bonaparte alle sue truppe, prima di varcare i confini dell’Italia (1796). Qual è la promessa? Qual è la premessa? Chi siete, come siete vestiti, in che stato si trovano le vostre famiglie, in che condizione si trova il vostro paese? Dove andate? Colline, città prosperose e voi tutti potete arricchirvi, tutte queste cose sono a vostra disposizione.
Andiamo e prendiamole! Napoleone è efficiente e efficace nella sua pervicacia. La pervicacia è la prerogativa di quel discorso, che trae le cose verso la causa finale.
L’accoglienza della domanda instaura l’ascolto. L’accoglienza è già una proprietà della domanda. Non è solo la proprietà della domanda, ma è già la proprietà della domanda. Dove si enuncia la domanda la società s’instaura come dispositivo di accoglienza. L’accoglienza non è un atto sull’atto. Non è la risposta alla domanda.
La domanda non proviene da un soggetto. E l’accoglienza non è la risposta che dà un altro soggetto. Nessun rapporto intersoggettivo, nessun dare intersoggettivo.
E, poi, il dispositivo di ospitalità. Forse, la stessa assemblea potrebbe definirsi dispositivo di ospitalità. Qual è il corollario dell’assemblea? A ciascuno la sua impresa. A ciascuno, che sta nell’assemblea, la sua impresa. La stessa assemblea, come dispositivo di ospitalità, è anche dispositivo dell’impresa.
Ciascuno diviene statuto intellettuale dell’impresa.
Philippe Rappard diceva: «Io, prima andavo alla messa protestante, la domenica, adesso vado al seminario di Lacan».
Lacan non ha istituito l’impresa, né l’assemblea. Il seminario non è l’assemblea. L’invenzione fondamentale di Lacan è il seminario.
Tutto ruota attorno al seminario. Non aveva torto Jean-Paul Valabrega. Tutto ruotava nel bene e nel male attorno al seminario, che era adatto per tutte le credenze e per tutte le assenze di credenze. Però, in effetti, la produzione di Lacan appartiene all’oralità. I suoi scritti risentono dell’oralità. Il contributo di Lacan non si presta a essere sistematizzato. La sistematizzazione varrebbe a cogliere il discorso di Lacan. Anziché il testo.
Nessuno sembra oggi interessarsi alla messa, a meno che non sia collegata con un funerale, oppure con altre sue varianti, come un matrimonio o un battesimo o una cresima. In effetti, la messa non è una commemorazione. Non vengono commemorate la transustanziazione, l’eucarestia e la comunione. La messa avviene in maniera originaria. Non è la ripetizione di qualcosa di già avvenuto. Non è un secondo atto, fondato da un primo atto.
L’atto di Cristo non è un atto che fondi, poi, i vari atti secondari, chiamati la messa. La transustanziazione è originaria: non c’è più sostanza, non c’è mai stata. L’apertura è originaria. Da questa apertura procedono le particolarità, le storie, le imprese, il viaggio. Procedono sia la provocazione sia l’accoglienza.
Communio: la comunicazione. Qual è il nutrimento, che sia contrassegnato dall’immunità, tanto da trarre alla scrittura delle cose che si fanno, quindi alla riuscita e alla comunicazione? L’assemblea è il dispositivo dell’impresa. Questo dispositivo si attiene alle virtù dell’Altro e alle virtù del tempo. Nessuna assemblea, nessun dispositivo dell’impresa e dell’ospitalità, può stabilirsi sulla base di una rappresentazione dell’Altro anfibologica, quindi negativa o positiva o di una negativa o di una positiva del tempo. Il tempo non può essere posto e non può essere negato. Né affermato né negato.
Dalla valutazione dell’impresa non può prescindere quello che viene chiamato business plan. Il business non si può mettere in piano, non è un piano, la superficie non è piana, ma il business attiene all’affare, al tempo che interviene nel fare. E il tempo non può mettersi in piano. Non ha fine. Tre anni or sono, sembrava che fosse il caso, non soltanto di mettere in discussione i business plan tradizionali, improntati a un’ideologia che era valsa, nei vari istituti di economia e commercio in Europa, per diversi decenni, ma, addirittura, qualsiasi business plan, cioè che occorresse il disegno industriale e il programma e che la valutazione dipendesse dai dispositivi in atto e, anche, dalle ipotesi intorno all’avvenire. La valutazione era per forza una sopravvalutazione. "Sopra" non significa che debba essere di più, mentre sottovalutazione di meno. La valutazione non è basata su criteri algebrici o geometrici.
Il criterio di redditività non è più il criterio di valutazione dell’impresa. Il criterio di valutazione dell’impresa è il criterio dei flussi di cassa.
Quali sono i flussi di cassa? Come si stabiliscono? Non sono più i bilanci dei tre anni precedenti, ma sono gli assi, usando questa formula, del business. Per ciascun asse, qual è il business? Deve trovarsi nell’esperienza. Una cosa che non ci sia per nulla nell’esperienza, di cui non ci sia da nessuna parte esperienza non può entrare in un business plan, non può entrare neppure nella valutazione dell’impresa. Se è una pura ipotesi, se è soltanto un’idea. Però, resta la questione come l’idea possa giungere al progetto e al programma, come possa giungere anche a un’impresa e alla valutazione dell’impresa.
Perché discutiamo di questo? La società è istituita, dacché s’instaura la domanda. La società: quindi, i vari dispositivi di accoglienza. La solidarietà è questa società, con il dispositivo di accoglienza. La solidarietà, il dispositivo di accoglienza, non è soltanto nel giardino del tempo ma anche nel labirinto.
E questo dispositivo di accoglienza è dispositivo commerciale, dispositivo di ricerca e, poi, dispositivo pragmatico: i dispositivi di accoglienza. A un certo punto, abbiamo anche il dispositivo dell’impresa, dispositivo dell’ospitalità. Ma, ancora prima di stringere il patto, quindi il dispositivo della riuscita, dobbiamo formulare il programma. Il programma indica che, il business, possiamo constatarlo. La valutazione dell’impresa deve potere tenere conto di questa constatazione del business.
La formalizzazione è la redazione di ciò che risulta, è la scrittura dell’esperienza. Nella sembianza, si chiama formalizzazione.

21 dicembre 2002
 
Siti di riferimento
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Relazioni
siti di riferimento uni.ilsecondorinascimento.com (Sito)
ha tra i partecipanti Armando Verdiglione (Scrittore, editore, imprenditore, inventore della cifrematica)





 
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