The Second Renaissance
     
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 Contro ogni speranza


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Contro ogni speranza


  
 
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Cuba, 1960. Armando Valladares è un funzionario delle poste cubane di 23 anni quando, per essersi rifiutato di mettere sulla propria scrivania un poster che inneggia alla rivoluzione, viene sbattuto in carcere con l'accusa di essere un pericoloso controrivoluzionario ed essere stato un membro della polizia segreta di Batista. Passa così 22 anni della sua vita tra le carceri di Boniato, la Cabana e Isla di Pinos, costretto all'isolamento, alle celle di rigore, alle torture, ai lavori forzati. Il rifiuto di indossare la tuta blu che contraddistingue i criminali e di aderire al programma di riabilitazione significano per Valladares e i compagni che hanno assieme a lui messo in atto una disobbedienza disarmata, rimanere nudo per gran parte della detenzione. Significano anche pestaggi quotidiani da parte di soldati accecati dalla violenza e da superiori in preda a deliri di onnipotenza. Morte dopo morte, che si tratti di fucilazione, suicidio o stenti, si assiste alla crudeltà di un sistema che usa ogni strumento di tortura, fisica e psicologica, a disposizione per annientare il corpo e lo spirito dei carcerati in un climax angosciante decritto con minuziosa precisione. Il dolore, le ristrettezze, probabilmente la serenità di non aver commesso reati e l'incrollabilità della giustezza delle proprie idee ha assicurato definitivamente e totalmente l'autore al cristianesimo, causa degli ulteriori soprusi subiti ma anche luce serena in fondo al buio che Valladares, tra mille espedienti, sotterfugi ed una grossa dose di coraggio e volontà di testimonianza riesce a squarciare per fare uscire dalle carceri in cui si trova lettere, scritti e profonde e dolorose poesie che lo porranno agli occhi dell'opinione internazionale. Grazie all'instancabile azione della moglie Martha, Valladares diventerà prigioniero d'opinione per Amnesty International e grazie alle pressioni internazionali e all'azione di François Mitterrand riotterrà la libertà nel 1982.
Il libro, la cui prima edizione risale al 1984, è una delle testimonianze più lucide e vive del sistema carcerario e repressivo che un regime possa mettere in atto. Scorrendo le pagine, ci si dimentica quasi della collocazione geografica poiché potrebbe trattarsi della Grecia dei Colonnelli o del Cile di Pinochet, lo scenario è lo stesso: un lungo, interminabile e doloroso taglio di chi ha combattuto per rovesciare un despota e se ne è ritrovato in sella un altro; per chi si è visto privare della libertà di esprimere la propria critica ed il proprio dissenso, pagando la propria opposizione con la vita o, nella migliore delle ipotesi, al prezzo di un corpo mutilato, offeso, violato. Il senso di fratellanza che si ritrova nella condivisione di una condizione al limite della sopravvivenza, attraversa tutte le memorie e si muove su due piani differenti: quello della crescita interiore, del rafforzamento della spiritualità, l'unico elemento in cui Valladares riesce a trovare la forza per sopportare la detenzione poiché è proprio lì che le pene corporali non arriveranno mai; e quello del vedere negli altri il proprio stesso destino e la propria identica e misera condizione. Sebbene nel complesso sia un libro più che degno (non fosse altro che per le quai 400 pagine di cui si compone), tuttavia in alcune parti Contro ogni speranza scade nel retorico, nella critica spiccia e nella ripetitività di alcune descrizioni: tutte cose che tolgono purtroppo vigore al racconto e creano una sorta di black-out nell'attenzione del lettore. Peccato. (Romina Arena)

 
Relazioni
eco di stampa di Armando Valladares (Scrittore)
Contro ogni speranza. 22 anni nel gulag delle Americhe dal fondo delle carceri di Fidel Castro (Libro)





 
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