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La femminista e le reporter molestate: "Questo Paese disprezza ancora le donne"


  
 
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IL CAIRO - «È da quando ero bambina sotto re Faruq che lotto per i diritti delle donne e della società che sono inscindibili. Sono stata emarginata, incarcerata, denunciata come apostata, esiliata, combattuta anche da Suzanne Mubarak che ha sciolto ogni associazione di donne che non fosse sua, s'è presa il merito delle vittorie di noi egiziane. E ora questa rivoluzione mi dà la forza per andare avanti, sento il suo profumo e rinasco, quando posso vado a Tahrir dove tutti mi conoscono e aiutano. Perfino i giovani Fratelli musulmani mi hanno soccorso durante le cariche a cavallo dei pro-Mubarak. Da una vita aspettavo questo momento». L'appartamento nel casermone nel quartiere popolare di Shubra dove Nawal Al Saadawi vive sola («ho divorziato tre volte per essere libera»), 80 anni appena compiuti e trecce bianche, un mito vivente per il femminismo arabo e non solo, sembra un altro pianeta rispetto alla piazza al centro della protesta e di mille polemiche. Compresa quella, quasi ignorata in Egitto alle prese con ben altri problemi, delle molestie sessuali denunciate da tre giornaliste straniere. In febbraio l'americana Lara Logan, negli ultimi giorni la francese Caroline Sinz e l'egizio-americana Mona Al Tahawi. Attaccate e «semistuprate», l'ultima dalla polizia che le ha pure rotto le braccia, le prime due da giovani in borghese a Tahrir.
Pessime storie che hanno spinto Reporter senza frontiere a chiedere ai media internazionali di non inviare giornaliste al Cairo, anche se poi l'appello è stato ridotto all'allerta: «Le reporter sono più a rischio dei colleghi maschi». Ma comunque il messaggio è che vecchio e nuovo Egitto sono uguali nel disprezzare le donne. «Non scherziamo, escludo che siano stati i giovani di Tahrir ad attaccare le giornaliste. Ci sono infiltrati ovunque, perfino ragazzini pagati per creare caos. I militari vogliono screditare la rivoluzione e cosa meglio di una giornalista straniera sessualmente attaccata? E poi l'esercito non ama le donne: i test di verginità imposti a 17 egiziane arrestate ne sono una prova. I Fratelli musulmani e i salafiti sono patriarcali come tutti i credi, vogliono cancellare i nostri diritti acquisiti - continua Al Saadawi - Ma se in Egitto orrori come mutilazioni, crimini d'onore e discriminazioni resistono ancora è perché abbiamo dimenticato il passato. La grande dea-madre degli egizi, Iside, così come mia madre e mia nonna contadine non portavano veli. Io, da un povero villaggio sono diventata medico e scrittrice, ho insegnato nelle grandi università americane come Harvard. La materia? Creatività e dissidenza», precisa Saadawi, autrice di una cinquantina di libri tradotti in tutte le lingue.
Le ragazze che passano la notte in piazza, come la studentessa Sohaila e la dottoressa Abeer, dicono che «Tahrir è sicura». «Nessuna molestia, ma restiamo con gli amici, ci proteggono come noi proteggiamo loro. La polizia ci ha picchiato e nella folla possono anche toccarti, ma questo capita ovunque». L'ottimismo dell'anziana femminista e delle attiviste sul nuovo Egitto non è condiviso da tutti. Mona Al Tahawy, incrociata nella hall di un grande albergo, in partenza per gli Usa con le braccia ingessate, dice che «in Tahriri entra di tutto, infiltrati, "black bloc", ma è vero che i manifestanti sono più rabbiosi verso gli stranieri». E Farida Al Naqqash, direttrice del settimanale Al Ahali, laica e storica femminista, non esclude «che oltre ai provocatori, anche qualche rivoluzionario sia ostile alle donne, soprattutto straniere. Veniamo da 60 anni di dittatura, macchine fotografiche e telecamere creano sospetto, perfino paura, nelle campagne e tra i ceti popolari il femminismo certe non c'è. Sono solidale con quelle reporter, ma per milioni di donne egiziane sono altri i problemi. A partire dal fatto che dopo queste elezioni a rappresentarle in parlamento saranno pochissime deputate, quasi nessuna. Perfino Mubarak aveva introdotto le quote rosa, ora sono sparite». (Cecilia Zecchinelli)

 
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eco di stampa di Nawal El Saadawi ()





 
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