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 Dispositivi di qualità

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Dispositivi di qualità


  
 
Notazioni
Se fosse possibile parlare di Dio, non ci sarebbe bisogno di dispositivi di qualità. Il testo di sant’Agostino, in ciascuna pagina, ribadisce che è impossibile parlare di Dio, che è impropria qualunque cosa venga detta di Dio. Parlare della parola è impossibile.
Parlare del sembiante è impossibile. Parlare della relazione è impossibile. Così, della dimensione. Così, della funzione. Parlare della struttura è impossibile. Parlare della scrittura è impossibile.
Noi constatiamo che il discorso come causa, il discorso di Dio, il discorso dell’oggetto, il discorso della relazione, il discorso della funzione, il discorso della dimensione, il discorso della struttura, o il discorso della scrittura sono impropri. Nessuna proprietà del discorso come causa. Nessuna proprietà del discorso della morte, del discorso della libertà, del discorso della giustizia, del discorso del diritto. Nessun cifrema in tale discorso.
La proprietà è della parola, che diviene qualità. Il cifrema, la proprietà, si rivolge alla qualità, alla cifra. Le cose sono tante, quante e quali. Come tante, entrano nella stessa cosa. Come quante, nella cosa stessa, nella cosa differente. E, come quali, costituiscono la cosa intellettuale. La proprietà è intellettuale. Di essa non c’è copyright. Neppure per la qualità. Quali sono le implicazioni della quantità intellettuale? Se la quantità non è intellettuale, il quantificatore si agita attorno a cose finite, finibili, a cose che finiscono. Tutto questo mette in discussione il discorso psicotico.
Il discorso psicotico: come se avesse preso sul serio il testo non soltanto di sant’Agostino, ma della patristica, il testo cristiano e dicesse che è impropria qualunque cosa venga detta di Dio, della libertà, della relazione, della funzione, della dimensione, dell’oggetto, della struttura, della scrittura, dell’itinerario, della strada da intraprendere; che è impropria qualunque cosa venga detta sul dire, sul fare, sullo scrivere.
L’emulo del discorso occidentale è il “discorso psicotico”, perché, nel fantasma che è proprio al “discorso psicotico”, emerge la non accettazione della morte. Emulo, in quale accezione? Il “discorso psicotico” non accetta il discorso della morte. Il discorso occidentale poggia sull’accettazione della morte. Parafrasando e parodiando Freud, potremmo dire che il “discorso psicotico” prende le mosse, prende avvio, incomincia dove il discorso occidentale fallisce. Emulo, in questa speciale accezione. Anche le discipline che l’apparato, istituito sulla scia del discorso occidentale, ha messo in azione, non riescono a gestire il “discorso psicotico”. L’ospedale, la psicofarmacologia, la camicia di forza, l’elettroshock, il letto di contenzione: tutto ciò palesa che queste discipline non riescono a gestire il “discorso psicotico”. Se dicessimo quali sono i dispositivi di qualità, nelle istituzioni allestite da queste discipline e dall’apparato medico-legale, dovremmo subito constatare che non ci sono, che non esistono, che non s’instaurano, che, anzi, queste discipline e quest’apparato sono fatti apposta per non instaurarli.
Il primo quesito, che viene rivolto alla nostra istituzione di Losanna dall’OfiFfiAfiS. (Ufficio Federale di Assistenza Sociale), è su quale filosofia (idea direttiva, fondamento, modello, punto di vista, norme) il SfiMfiQ. (Sistema di Management della Qualità) è basato. SfiMfiQ. è una formula arcaica, inefficace, propagandistica.
Giova forse all’impresa, alla sua caratteristica, alla sua forza, ai suoi dispositivi? “Il vostro sistema di management della qualità”: il sistema non è il dispositivo. Noi possiamo dire management.
Che cos’è management? È dispositivo. Oggi, diciamo: qual è l’asset dell’istituzione? Quali sono gli asset dell’istituzione? Asset. Cespite.
Patrimonio. Quali sono gli aspetti principali del patrimonio? Consideriamo l’équipe svizzera. Ha ventisei anni di storia, di ricerca, di pratica, di prassi anche. Ha un patrimonio, questa istituzione di Losanna. Losanna, poi Ginevra, e altrove: dovunque si siano tenuti convegni, conferenze, master, conversazioni. Ha scritti, ha persone che sono passate da lì come docenti, come intervenants, o come “persone accolte”. E, poi, anche coloro che hanno partecipato a una conferenza o a un congresso o a un avvenimento dell’istituzione.
Tutto questo importa per considerare il patrimonio: questa istituzione ha un avviamento di ventisei anni. I dispositivi sono asset. L’asset degli altri asset è il dispositivo di qualità.
La formula degli anni venti, ricorrente fino agli anni cinquanta e oltre, è la seguente: “Qual è la filosofia aziendale?”, “Qual è la filosofia dell’impresa?”. Filosofia? “Idea direttiva”. Bisogna distinguere fra l’idea e la direzione. L’idea direttiva è una variante dell’ideologia, perché solo l’ideologia è idea direttiva. L’idea si distingue dalla direzione.
L’idea è operatore, affinché la ricerca e il fare si scrivano. Ma non è idea direttiva. È senza causa finale. Senza finalismo. Noi possiamo sovrapporre, possiamo schiacciare l’esperienza, già con un’ideologia, che tratta la psicosi, ma, di fatto, utilizza qualsiasi oppressione. Se diciamo: “Questa è la mia idea”, “Questa è la nostra idea”, è il fantasma materno. Se noi diciamo “Questa è l’idea direttiva dell’azienda”, è ideologia. Questa è l’ideologia dell’azienda.
Abbiamo idee che sono per l’azione; idee che devono agire, anziché operare. Subito, devono agire.
La parola agisce, non già le idee. Se esistesse l’idea direttiva, sarebbe possibile parlare di Dio. Sarebbe Dio, l’idea direttiva. Dire idea direttiva, a proposito di Dio, è improprio. È improprio parlare di Dio. È improprio dire qualunque cosa di Dio.
E nessun fondamento. Fondazione è l’idioma, ciò secondo cui le cose procedono. Il “discorso psicotico” se ne frega completamente del fondamento, perché significherebbe parlare di Dio, mentre la proprietà è nella parola, è nelle cose che sono proprie alla ricerca, all’itinerario.
L’esperienza non è originaria, se si fonda sul modello, sulla idea direttrice. Poi, ecco l’interrogazione: “Su quale punto di vista, il vostro sistema di management della qualità è basato?”. Se l’esperienza fosse basata sul punto di vista, sarebbe un’esperienza cieca e sorda. Il punto non è di vista. Lo sguardo non è punto di vista.
Lo sguardo è quel punto che non è di vista. Quel punto o quel contrappunto, che non è di vista. Non accade mai che questo punto sia cieco. Cosa che, invece, avverrebbe se lo sguardo si riducesse all’occhio. Come accade ogni volta che deve essere concentrata tutta l’attenzione sull’occhio, in un’impossibile coincidenza fra l’io e l’uno. L’occhio, così gravato, è pieno di paure. Deve stare attento a questo, concentrarsi su questo, non vedere quello e non vedere quell’altro. Diventa orbo. Incomincia a amare la penombra, il buio, la tenebra, a chiudere le finestre, a spegnere la luce, a vedere solo il computer. Il punto non è di vista. Non può avere nessuna pretesa, né sulla visione né sull’esperienza.
Segue la questione delle norme. Ma le “norme” non fanno parte della “filosofia”. Norme, regole e motivi sono un’altra cosa. “Quali sono le norme, quali sono i motivi e quali sono le regole?”: questo è un risvolto di questa domanda. La norma non è la legge, la regola non è l’etica e il motivo non è il fine. Caso mai, è il fine a divenire motivo. Le norme, le regole e i motivi sono vari, intervengono di volta in volta rispetto all’itinerario dell’esperienza e, poi, rispetto alla cura e rispetto alla clinica. Questo itinerario deve trovare compimento nella legge, nell’etica e nella clinica. Non sono parametri, nemmeno paraocchi, nemmeno ombrelli e, tanto meno, coperte, coperture. Noi capiamo qual è l’interesse del quesito: su quale filosofia poggia il dispositivo di qualità? Non è una filosofia nel senso di una visione del mondo. Ma, se con “filosofia” intendiamo logica, allora la logica della vita è la particolarità.
“Vogliate esplicitare il vostro concetto di qualità e descrivere i principali elementi del vostro sistema”.
Il cifrema è la proprietà. E la cifra è la qualità.
“In quale misura le esigenze richieste da questo ente (l’O.
FfiAfiSfi), in materia di sistema di management della qualità, sono soddisfatte?”. Quali sono queste esigenze! “Vogliate pronunciarvi brevemente su ciascun punto, rinviando a pezze giustificative, che figurano nel vostro dossier”. Queste “pezze giustificative” sono, invece, le tavole dell’esperienza, palinsesti, narrazioni, testimonianze, informazioni, comunicazioni, scritture.
“Il sistema di management della qualità può essere integrato nel sistema di gestione e di organizzazione e garantisce il rispetto delle condizioni di qualità richieste dall’ufficio federale di assistenza sociale”. I dispositivi di gestione e di organizzazione sono i dispositivi di qualità. Non possono essere soltanto dispositivi di organizzazione o dispositivi di gestione o dispositivi commerciali o dispositivi di comunicazione. Bisogna che risultino dispositivi di qualità. Il dispositivo non investe soltanto la proprietà della parola, è anche dispositivo di qualità.
Esigenza numero due: “Il sistema di management di qualità è centrato sul processo e favorisce uno svolgimento continuo dell’istituzione e un miglioramento della sua qualità”. Non si tratta di passare da un “meno” a un “più”. E la qualità non può essere buona o cattiva, quindi migliore o peggiore. La qualità è intellettuale.
È qualità assoluta rispetto a qualsiasi determinazione. Non può esserci un discorso della qualità, per cui questa possa essere migliore o peggiore. Il dispositivo di qualità è dispositivo lungo il processo dell’esperienza, lungo il viaggio. Sì, allo sviluppo, ma non da intendere come economia della morte, come passaggio da una variabile all’altra.
Qual è l’esigenza numero due? Che il dispositivo di qualità investa l’intero processo dell’esperienza in ciascuna sua fase, in ciascun settore, in ciascun dettaglio e seguendo il ritmo. Il dispositivo investe il progetto, investe il programma. Poi, il testo dell’O.
FfiAfiS. parla di sviluppi. È interessante che si chieda quali sono gli sviluppi, che cosa seguirà, che cosa avverrà, proprio per questi dispositivi. In che modo sono dispositivi di forza, in che modo sono dispositivi di qualità e, pertanto, che cosa avverrà? Avviene che l’esperienza si scrive, che la cura si scrive, e che il risultato si raggiunga. Il risultato, qual è? Che le “persone accolte” nell’istituzione di Losanna non stiano, poi, sempre lì. Ma che, divenendo a loro volta dispositivi, possano trovare modo, nella città, di dare il loro contributo.
Chiedevo a una ragazza svizzera se avesse un hobby. “No, no”. Allora, qualche aspirazione? “No, veramente avrei un sogno.
Il sogno di uscire da questa situazione, in cui ho bisogno degli psichiatri, degli psicofarmacologi”. Oppure, respingo gli psicofarmaci.
E questa istituzione deve dare questa chance. Il dispositivo è tale, che questo sogno possa avere un seguito. Come? Perché, proprio per questa istituzione, le persone accolte non si trovano più, sempre e comunque, nell’apparato medico-legale. Sempre e comunque nell’alternativa, tra l’ospedale e la prigione. E, sempre e comunque, a parlare con lo psichiatra o con il procuratore legale, incaricato, appunto, dallo stato. Una specie di curatore giudiziario.
L’istituzione dà questa chance: questo bisogna scriverlo. E instaura i dispositivi, perché questa chance sia esplorata e possa giungere a conclusione felice e al risultato.
La domanda intellettuale, in che si distingue da una semplice domanda di psicoterapia? Noi non siamo interessati, in nessun modo, a provocare una domanda di psicoterapia. La domanda di psicoterapia non è intellettuale. È una domanda semiologica. È una domanda di partecipare al discorso intorno a Dio: “Voglio anch’io parlare di Dio. Accoglietemi. Voglio anch’io. Voglio anch’io ricevere questo miglioramento, di essere fra coloro che parlano di Dio e di essere normale”. La domanda di psicoterapia è una domanda di normatività, di normalità, di grammaticalità, di semiologia. È una domanda propria del soggetto. Il soggetto è soggetto al discorso come causa.
La domanda intellettuale è la domanda di cifra. È la domanda di qualità. Anche quando l’ambiente, la famiglia o l’istituzione facessero una domanda di custodia del soggetto e di normalizzazione del soggetto, voi trovate il modo di riscontrare, nella parola in cui si trova la “persona accolta”, la domanda intellettuale. Però, per questo non ci vuole il “sistema di management della qualità”, occorre il dispositivo di qualità. Queste cose, chiare, razionali, semplici, si scrivono.
Quarta esigenza: “I clienti dell’istituzione sono associati alla valutazione delle prestazioni”. Questo, nella nostra esperienza, in un modo del tutto speciale. Basterebbe considerare un incontro organizzato dall’istituzione a Belmont. Gli “accolti” erano associati al dibattito. Erano nel dispositivo di dibattito. I maestri e gli allievi non come rapporto sociale, ma come dispositivi. Ciascuno di loro acquisisce uno statuto intellettuale. In estrema istanza, acquisisce uno statuto nel dispositivo intellettuale e diviene, a sua volta, dispositivo di qualità.
“Spiegazione: i clienti possono essere ripartiti secondo i gruppi bersaglio: handicappati mentali, psichici, fisici, sensoriali, psicorganici e dipendenti”. Questa classificazione è assurda. La questione è radicale: perché coloro che non accettano di spazializzare l’intervallo sarebbero handicappati mentali? “Nel caso contrario, la valutazione deve tenere conto della famiglia e di altri eventuali sostegni”.
Esigenza numero cinque: “Il sistema può essere verificato in maniera appropriata”.
“Qual è la scala di misura concreta utilizzata per valutare la qualità nel campo degli handicap?”. “La scala”, che significa? Quali sono i gradi? Tutto ciò che attiene al grado è dispositivo. Non è una gerarchia sociale. Non è in base a una gerarchia sociale o a una genealogia sociale che viene valutata la qualità, ma in base al fatto che ciascuno sia giunto a acquisire un suo statuto intellettuale e quindi a divenire, a sua volta, dispositivo di qualità.
“Adattamenti eventuali: nel caso in cui voi non doveste soddisfare a tutte le esigenze, quali adeguamenti andrete a intraprendere?”.
Noi soddisfiamo a ciascuna delle esigenze e, poi, ciascun giorno, quando ci alziamo e, in ciascuna riunione, ci chiediamo: “Quali sono i progetti? Quali sono le intraprese? Quali sono le vie nuove? Quali sono i programmi? Quali sono le iniziative? Che cosa ciascuno propone?”. Questo, ciascun giorno. Non c’è più sistema chiuso. I dispositivi procedono dall’apertura. Il dispositivo è anche dispositivo di dibattito, senza nessun litigio, senza nessuna polemica, senza nessuna drammaturgia. Ciascun giorno ci chiediamo quali siano le iniziative, le proposte. In ciascun istante, ci chiediamo questo. In ciascuna fase della giornata. Dovunque ci troviamo.
Mai andiamo a cercare nel passato che noi siamo quello che siamo.
Il significante “adattamento” è proprio questo. L’adattamento è il modo dell’apertura, da cui procedono le cose. Questo adattamento non è adattamento sociale. Queste sono esigenze intellettuali.
Noi avviamo differenti dispositivi pragmatici, dove ci siano formazione e arte. Con il materiale che l’équipe svizzera trae dalle varie équipe e dalle conferenze, con le tavole dell’esperienza che allega, l’équipe fornisce loro uno strumento formidabile, che nessuno, in risposta a questi quesiti, può dare in Svizzera. Nessuno può dare le risposte che dà l’équipe svizzera. Semplicemente, con umiltà, senza nessuna arroganza, senza nessuna approssimazione, senza pensare che loro sappiano già. È uno sforzo parlare nell’altra lingua. La cifrematica non è un sapere, per cui noi sappiamo già e ci confrontiamo, perché sappiamo già. La cifrematica è un processo logico, strutturale e scritturale, che si fa man mano. E è sempre da dire, sempre da fare, da inventare e giocare e da scrivere. Non è mai fatto, detto, scritto. “Sappiamo già”. Sappiamo, che cosa? Nessuna saccenza. Nessuna sufficienza.
“Il vostro SfiMfiQ. conviene a queste case di accoglienza con o senza occupazione integrata? Conviene agli atelier, conviene ai centri di occupazione o ai centri diurni per handicappati?”. Questa domanda dà all’équipe l’opportunità di distinguere fra i vari settori dell’esperienza. Il dispositivo di accoglienza. La solidarietà.

22 luglio 2000
 
Siti di riferimento
uni.ilsecondorinascimento.com
 
Relazioni
siti di riferimento uni.ilsecondorinascimento.com (Sito)
ha tra i partecipanti Armando Verdiglione (Scrittore, editore, imprenditore, inventore della cifrematica)





 
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